mercoledì 18 settembre 2013

Letteratura scientifica e H.I.T.



Spesso coloro che approcciano per la prima volta all’allenamento ad alta intensità di Mike Mentzer chiamato Heavy Duty richiedono di leggere studi scientifici che supportino gli insegnamenti di Mike. Il seguente articolo è sicuramente molto esaustivo nel rispondere a questa domanda, e gli scrittori sono sicuramente credibili e qualificati. Vorrei introdurli a tutti voi:

Dave Smith è docente di psicologia dello sport alla Manchester Metropolitan University, che è una delle più grandi strutture dedicate all’esercizio fisico in Europa. Dave ha lavorato in precedenza come personal trainer usando le tecniche ad alta intensità con notevole successo. Dave frequentò Mike per alcuni anni e scrisse articoli per lui in passato. Si rispettavano molto.

James Fisher è un docente di condizionamento sportivo e fitness alla Southampton Solent University e è preparatore atletico del British Wheelchair Basketball team. Anch’egli è un grande sostenitore dell’allenamento ad alta intensità. Spero che James scriverà un articolo prossimamente una volta terminato uno studio che sta portando avanti e che potrebbe confermare ulteriormente gli insegnamenti e la filosofia di Mentzer.




Dieci anni dopo la sua morte, l’Heavy Duty di Mike Mentzer ancora genera grandi dibattiti tra i bodybuilder. Nei suoi libri Mike afferma che il suo sistema di allenamento era, in pratica, un approccio scientifico all’allenamento. Infatti, “La scienza del bodybuilding” nel capitolo 3 di “Heavy Duty 1), sottolinea i principi chiave di questa scienza. Comunque, anche se a prima vista il suo approccio certamente appare logico, è difficile per la maggior parte degli atleti valutare se la ricerca scientifica sull’allenamento con sovraccarico sostenga proprio queste tesi. Questo accade semplicemente perchè la maggior parte delle persone non hanno un semplice accesso agli studi (spesso incomprensibili) che esaminano la questione. Questo articolo invece cerca di esplorare la letteratura scientifica inerente all’allenamento con sovraccarico per testare le teorie di Mike. In esso esamineremo alcuni dei capisaldi dell’allenamento Heavy Duty per determinare se esso rappresenta veramente uno scientifico approccio al bodybuilding. Questo articolo non è stato scritto per avere una panoramica complessiva della letteratura scientifica sull’argomento oppure sulle idee di Mike su ogni singolo aspetto dell’allenamento con sovraccarico; sommeremo invece le scoperte chiave sui punti principali dell’approccio Heavy Duty.

Intensità e l’importanza di allenarsi fino al momentaneo cedimento muscolare

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtotNYfpabF9a5eD3hOD2uua2bdraFNx-PNhOShOqqbuAz6f6TR9QhMjvSn07dy8cs9DfOJvlGoCLDSFJiT0hFNbLzqB1Wff6w5uaql7FLFjbk2othwPPGZg_66Q6KW0g_hECut9GHZRw/s320/images.jpgMike spesso si focalizzava sul principio di intensità nei suoi scritti, questo veniva definito come la percentuale momentanea di sforzo muscolare esercitata. Questo è di per sè controverso, visto che il termine intensità viene spesso usato nella letteratura scientifica riferendosi al carico. Ad esempio, come avviene spesso, Willardson e Burkett (2008) e Fry (2004) hanno sottolineato che l’intensità è un termine comune per calcolare in percentuale il carico per una ripetizione massimale (%1RM). Questa definizione è problematica. Per esempio, utilizzando questa definizione, se un individuo esegue un esercizio con un peso corrispondente a circa l’80% del proprio massimale e esegue una sola ripetizione senza fatica con quel carico, questa persona si sta allenando più intensamente rispetto ad un altro individuo che esegue una serie al cedimento con il 79% del massimale. Ovviamente tutto ciò non ha alcun senso; la definizione di intensità fornita da Mike sembra essere più logica visto che si riferisce a come la parola “intensità” è solitamente usata nel valutare la durezza di un esercizio. Consigliava agli atleti di allenarsi fino al cedimento muscolare per eseguire uno sforzo tale da mettere in crisi l’organismo e dunque stimolare la crescita: “Portare una serie al punto in cui sei costretto ad utilizzare il 100% delle tue possibilità è il fattore singolo più importante per incrementare la massa e la forza muscolare”.
Un suggerimento simile fu dato da Willardson (2008). Egli infatti suggerì che allenarsi fino al momentaneo cedimento muscolare può fornire uno stimolo alle fibre bianche, in grado di produrre i migliori progressi in forza e massa muscolare. Infatti, allenarsi fino al cedimento è sicuramente meglio visto che vengono reclutate tutte le unità motorie disponibili. Sfortunatamente pochi studi hanno analizzato accuratamente il concetto di allenamento al cedimento controllando le variabili come carico, volume e frequenza. Quelli che però lo hanno fatto hanno prodotto alcune scoperte interessanti.
Per esempio, Rodney et al. (1994) hanno riportato cambiamenti significativi (dal 41,2% al 19,7%) negli aumenti di forza allenando persone fino al cedimento muscolare rispetto al gruppo di controllo che si allenava in maniera convenzionale. In maniera del tutto simile, Schott et al (1995) hanno evidenziato guadagni significativi nella forza isometrica allenandosi al cedimento se confrontati con un gruppo di controllo che terminava le serie prima di arrivare al momentaneo cedimento muscolare (da 24,9 kg a 14,3 kg), e Drinkwater et al. (2005) riporta che il gruppo di persone studiato ha ottenuto aumenti di forza (dal 9,5% al 5%) e anche un miglioramento della potenza massima alla panca piana raggiungendo il cedimento muscolare se confrontati con coloro che non si allenavano al cedimento (da 40,8W/10,6% a 25W/6,8%). Sorprendentemente Folland et al. (2002) ha scoperto che non ci sono differenze significative per quanto riguarda l’aumento della forza nel gruppo che si è allenato per 7 minuti al cedimento e il gruppo di controllo che si è allenato per 25 minuti non al cedimento, suggerendo che gli stessi aumenti di forza possono essere raggiunti sprecando il 30% in meno del tempo allenandosi al cedimento. Concludendo quindi le evidenze suggeriscono che gli individui dovrebbero essere incoraggiati ad allenarsi al cedimento, visto che in questo modo si ha un reclutamento massimo di fibre muscolari e porta a risultati migliori rispetto all’allenamento convenzionale.

Volume di allenamento

Mike pensava che una serie al cedimento per esercizio fosse sufficiente a stimolare una risposta adattativa e che una quantità aggiuntiva di esercizio sarebbe stata sicuramente una perdita di tempo oltre ad essere controproducente visto che avrebbe incrementato le possibilità di finire in sovrallenamento: “...una serie al cedimento è tutto quello di cui hai bisogno per stimolare incrementi di massa e forza muscolare”. Il numero di serie è uno degli argomenti più controversi nella scienza dell’esercizio, ed è anche uno dei meglio studiati. Studi come quelli condotti da Carpinelli e Otto (1998) e Smith e Bruce-Low (2004), hanno concluso che una serie per esercizio produce risultati ottimali. Nello studio di Carpinelli e Otto, gli scienziati hanno scoperto che serie singole producono risultati ottimali in 33 studi su 35 che hanno effettuato. Invece Peterson et al. (2004,2005) hanno analizzato l’argomento e hanno concluso che serie multiple producevano risultati ottimali rispetto ad una sola serie. Comunque i loro dati non supportano le conclusioni raggiunte, infatti non vi erano differenze statisticamente significative tra gli effetti dei due volumi differenti di allenamento ( vedi l’articolo stupendo di Carpinelli su questo argomento del 2009). Quindi possiamo anche qui dire che molti studi avvalorano la tesi di una sola serie al cedimento propugnata dall’allenamento Heavy Duty.

 Frequenza di allenamento

In contrasto con la maggior parte delle autorità nel settore bodybuilding che suggerivano di allenarsi fino a sei volte per settimana (qualche volta anche due volte al giorno), Mike consigliava nel 1993 che i bodybuilder dovessero allenarsi non più di 3 volte a settimana con ogni gruppo muscolare allenato non più di una volta a settimana. Più tardi, dal 1996, comprese che anche questa routine portava al sovrallenamento la maggior parte delle persone e dunque ripensò la sua teoria consigliando una frequenza di un allenamento molto più diradata, specialmente per coloro che sono particolarmente propensi al sovrallenamento consigliando di allenarsi ogni 5-7 giorni usando principalmente esercizi multiarticolari. Alcuni hanno criticato tutto ciò affermando che queste frequenze di allenamento non sono sufficienti per indurre aumenti di massa muscolare ottimali. Invece la letteratura scientifica sembra suggerire altro. Una serie di ricerche, studiate da Carpinelli et al. (2004) e Smith e Bruce-Low (2004) suggeriscono che non ci sono particolari differenze nell’allenarsi 1,2 o 3 volte per settimana sia tra coloro che sono allenati sia tra i neofiti. Anche se non sono mai state pubblicate ricerche per esaminare l’efficacia della routine di consolidamento di Mike (il secondo autore di questo articolo sta eseguendo studi in merito proprio in questo momento), ci sono alcune interessanti scoperte sul periodo di recupero seguendo allenamenti H.I.T. che sembrano supportare la necessità di allenamenti infrequenti per assicurare un adeguato recupero. Ad esempio Cleak e Eston (1992) hanno studiato un esercizio massimale eccentrico sui bicipiti, riportando i cambiamenti nella forza nelle 24-96 ore successive. Infatti la forza massimale non migliorò dopo 96 ore Newham et al. (1987) ha anch’egli considerato un esercizio massimale eseguito nella fase eccentrica per i bicipiti, riportando una riduzione del 50% di forza immediatamente dopo l’allenamento, e un recupero di solo l’80% della forza dopo 2 settimane! Un’altro indicatore del danno muscolare ormai riconosciuto è l’analisi tramite risonanza magnetica. Uno studio di Nosaka et. al (1996) su persone non allenate ha evidenziato un aumento del volume muscolare da un giorno dopo l’allenamento fino al ventitreesimo giorno, suggerendo che un adeguato recupero dopo un allenamento intenso può richiedere molto tempo.
Altre ricerche hanno evidenziato livelli alti di creatina chinasi e dolori muscolari percepibili dopo 96 ore dall’allenamento, così come un aumento del metabolismo a riposo fino a 48 ore post esercizio (Dolezal et al., 2000). Tutte queste ricerche sembrano suggerire che il recupero da un allenamento molto intenso richieda giorni, e in alcuni casi anche settimane. Quindi è molto importante fornire un adeguato tempo di recupero tra gli allenamenti e questo può necessitare di molti giorni, dipende molto dall’individuo in questione. Infatti Mike affermava letteralmente che dare delle linee guida fisse sulla frequenza di allenamento era un errore visto che c’è una grande variablità tra gli individui. Tutto ciò è emerso anche da questi studi, tutti questi infatti hanno evidenziato una grande variabilità tra gli individui allenati.

Durata di ogni ripetizione
Mike consigliava che le ripetizioni dovessero essere eseguite lentamente e con il massimo controllo del peso per ottimizzare la tensione sui muscoli. Nel libro “Muscles in Minutes”, egli predica una durata di circa 4 secondi nella parte positiva (sollevamento) e lo stesso per la parte negativa (rilascio del carico) sulla maggior parte degli esercizi, con 2 secondi di pausa nella posizione di massima contrazione. Molte ricerche su questo argomento (Bruce-Low & Smith, 2007; Carpinelli et al., 2004) hanno supportato le affermazioni di Mike evidenziando che una cadenza di esecuzione relativamente lenta può produrre guadagni ottimali di forza e ipertrofia, ma che la cadenza “superslow” (10:10) non offre vantaggi addizionali (Mike infatti affermava che rallentare la cadenza ancor più di quanto consigliato da lui può effettivamente penalizzare la crescita perchè il bodybuilder può stancarsi molto e più rapidamente). Per esempio Johnston (2005) ha considerato le produzioni di forza in un “case study”, riportando poche differenze di forza generate quando il movimento veniva eseguito con cadenze atte a mantenere una massima tensione muscolare (10:10, 5:5 e 2:4 concentrica/eccentrica). Invece, quando si è provato a muovere il carico in modo esplosivo, le forze sono incrementate del 45% inizialmente, ma poi sono scese dell’85% per la maggior parte della ripetizione. Questo è dovuto principalmente all’eccesso di forza fornita per controbattere l’inerzia generata dalla parte eccentrica del movimento eseguita velocemente. Johnston suggerisce che i sollevamenti esplosivi in realtà non permettano un reclutamento di fibre ottimale a causa delle forze di inerzia che danno un aiuto nel sollevamento e quindi per la maggior parte del range di movimento di un esercizio queste forze aiutano nel sollevamento.
Questo fenomeno era stato precedentemente riportato da Hay et al. (1983) sperimentando sul curl con bilanciere. Uno studio di Tran, Docherty e Behm (2006) ha considerato un decremento nella produzione di forze di inerzia, notando decrementi notevoli di produzione di forza muscolare eseguendo serie da 10 ripetizioni con cadenza 5:5 se comparata con 10 ripetizioni 2:2, e 5 ripetizioni 10:4. Questo grande decremento nelle produzioni di forza suggerisce un affaticamento in una maggior quantità di fibre muscolari, che potenzialmente possono stimolare una crescita e aumenti di forza migliori.
Inoltre Bruce-Low e Smith (2007) hanno considerato nello specifico il rischio di infortunio dovuto ad esercizi balistici, riportando alcune statistiche in cui si osserva che sollevamenti esplosivi possono causare infortuni a polsi, spalle, gomiti e regione lombare. Anche qui la raccomandazione di Mike sembra essere efficace e cautelante secondo queste ricerche.

L’importanza della genetica

Mike si focalizzava spesso nei suoi scritti che non tutti potevano sviluppare massa muscolare allo stesso modo, e che anche se tutti possono migliorare con allenamenti specifici, solo poche persone hanno una predisposizione genetica per sviluppare un fisico da Mr. Olympia. Infatti ha dedicato interi capitoli a questo argomento. L’argomento in questione è spesso accantonato nei megazine e nei libri di bodybuilding, anche se adesso sappiamo che molti geni giocano un ruolo chiave in risposta all’allenamento. Per esempio la miostatina (un genotipo anti-crescita che inibisce lo sviluppo muscolare) sembra essere molto importante, e ricerche suggeriscono che una mutazione genetica di IL-15RA (un fattore trascrizionale) può essere un moderatore della massa muscolare in risposta all’esercizio fisico. Altri genotipi includono il CNTF, ove i genotipi G/G e G/A hanno mostrato aumenti molto più significativi di forza se confrontati con gli omozigoti A/A. C’è anche l’ACTN3 nel quale il genotipo R577X è generalmente associato alla funzionalità muscolare, alla proprietà contrattile e può modulare la risposta all’allenamento. Stewart e Rittweger (2006) hanno fornito uno studio sui regolatori molecolari e l’influenza genetica, e hanno suggerito che questi effetti genetici possono influire fino all’80-90% nella variazione di forza e massa muscolare. Una semplice dimostrazione dell’importanza della genetica è fornita da Van Etten et al. (1994) con uno studio. Questo riporta incrementi significativi nella massa magra in soggetti mesomorfi dopo 12 settimane di allenamento con sovraccarico, mentre il gruppo di ectomorfi non ha aumentato ne forza ne massa muscolare seguendo la medesima routine. Quindi appare chiaro che coloro che sono di natura muscolosi possono guadagnare forza e massa con un una rapidità rispetto a coloro che di natura sono molto magri. Quindi, come Mike spesso affermava, la genetica è un fattore chiave per avere successo nel bodybuilding. Come Arthur Jones affermò una volta sull’argomento, non puoi tirar fuori un borsellino di seta da un orecchio di scrofa.
Comunque, come sottolineato più volte sopra, chiunque può migliorare la sua condizione di partenza con un allenamento corretto, e la maggior parte delle ricerche evidenziano che l’Heavy Duty è un sistema di allenamento efficace per ottimizzare la crescita di forza e massa muscolare e raggiungere il massimo potenziale genetico consentito dalla natura nel minor tempo possibile.

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